NEVE e GELO storici per 3 settimane: ecco quando accadde e le aree coinvolte

Il freddo storico del febbraio 1956 in Italia durò circa tre settimane, a partire dai primi di febbraio fino a marzo inoltrato. L’evento, noto come la “nevicata del secolo,” colpì con gelo estremo e accumuli record sia il Nord che il Centro-Sud, con le regioni adriatiche e appenniniche, incluse Roma e Napoli, che subirono l’impatto maggiore.

L’Inverno che non si dimentica: il 1956

Cari amici della meteorologia e della storia, preparatevi a un viaggio indietro nel tempo che sa di aria gelida e neve abbondante, un racconto che i nostri nonni hanno trasformato in leggenda. Stiamo parlando del Febbraio 1956, un mese che scolpì la sua intensità negli annali climatici italiani, definendo un evento nevoso e di gelo che, per portata e durata, superò ogni altro dal lontano 1929. Non fu un semplice episodio di maltempo, ma una vera e propria glaciazione a livello nazionale.

La fase clou, un periodo di gelo intenso e precipitazioni, si concentrò tra l’inizio e la fine di febbraio, ma l’onda fredda era già iniziata a prendere forma alla fine di gennaio 1956. Questo non fu un freddo fugace; al contrario, le basse temperature e la neve insistettero per oltre 20 giorni.

Ecco un video storico di quei giorni, tratto dalla settimana INCOM, del febbraio del 56 con il racconto della neve a Roma e Napoli:

Il “Perché” di un gelo così estremo

Dietro a un fenomeno di tale portata c’è sempre una configurazione atmosferica da manuale, e il 1956 non fece eccezione. Tutto nacque dalla formazione di un potente anticiclone termico tra la Russia, i Paesi Baltici e la Scandinavia, una sorta di imponente “blocco” che, a fine gennaio, iniziò a spingere masse d’aria gelida dall’Europa orientale verso il Mediterraneo.

A rendere il quadro drammatico ci pensò una depressione, un vero e proprio vortice di bassa pressione, che si mosse in senso retrogrado (da est verso ovest) dallo Ionio, risalendo le regioni centro-meridionali. Questo meccanismo, come un gigantesco risucchio, richiamò l’aria siberiana (con isoterme in quota, a 850 hPa, che potevano arrivare a -25°C o -30°C) direttamente sulla nostra Penisola, innescando non una, ma una serie prolungata di violente bufere di neve. (Nell’immagine storica qui sotto ecco Cagliari in Sardegna sotto la neve)

A differenza di altri inverni rigidi (come l’85), il 1956 fu caratterizzato da una stratosfera “ibernata” e fredda, in un contesto di La Niña Strong, una combinazione che contribuì a rendere l’episodio eccezionale.

La Neve che seppellì la Penisola

La particolarità di quell’evento fu la sua estensione geografica. Non fu solo il Nord ad essere colpito, ma l’intero Centro-Sud, aree dove un evento nevoso così intenso è storicamente più raro.

In Romagna, ad esempio, la situazione fu estrema: la neve cadde incessantemente per giorni, arrivando a superare i 2 metri in alcune zone collinari. Città come Cesena, Ravenna e Rimini furono letteralmente sepolte, con accumuli lungo la costa che raggiunsero i 75-80 cm. Immaginate le spiagge, simbolo dell’estate, trasformate in dune bianche!
Ecco un altro video che mostra la Puglia completamente imbiancata:

Lo stupore infatti fu soprattutto al Centro-Sud:

Roma fu imbiancata ben quattro volte (i giorni 2, 9, 18 e 19 febbraio), con il manto nevoso che superò i 30 cm in città, trasformando Piazza San Pietro in un insolito scenario alpino.

Napoli e Agrigento videro la neve, un evento che oggi sembra quasi impensabile.

L’Appennino, in particolare Abruzzo e Molise, finì in ginocchio. La località di Capracotta (Alto Molise) registrò accumuli record che si stima abbiano superato i 5 metri! Pescara si svegliò con 40 cm di neve fresca.

Anche in Sardegna, soprattutto nell’interno, il ghiaccio e la neve resistettero per circa tre settimane, dall’inizio a fine febbraio. Nevicò anche a Cagliari (qui sotto un’immagine storica della città sotto la neve di quei giorni)

I Brividi del Gelo Record

Se le nevicate furono memorabili, le temperature minime stabilirono veri e propri record storici in pianura, molti dei quali ancora imbattuti. Il picco del gelo si ebbe soprattutto nella decade centrale di febbraio.

Le aree montane registrarono valori da Polo Nord:

Plateau Rosà (11 febbraio): -34,0°C

San Valentino alla Muta (11 febbraio): -28,2°C

Dobbiaco: -27,4°C

Ma fu in pianura che l’impatto fu devastante, con massime che per giorni rimasero stabilmente sotto lo zero (i cosiddetti “giorni di ghiaccio”):

Anzola Emilia: -26,2°C (record secolare in pianura)

Torino Mirafiori: -25,0°C

Lombriasco (TO): -26,0°C

Firenze Peretola: -23,2°C

Verona: -18,4°C

Milano-Malpensa: -17,8°C

L’Aquila: -17,8°C (con punte di -25°C a Castel di Sangro)

Ferrara: -12,8°C

Anche al Centro-Sud i valori furono eccezionali: Roma-Ciampino toccò -6,9°C, e persino località insulari come Pantelleria arrivarono appena sopra lo zero.

Le Conseguenze: Un Paese in ginocchio

L’ondata di gelo non fu solo un evento meteo, ma una vera e propria crisi nazionale. Le conseguenze furono pesantissime per l’Italia dell’epoca, meno preparata ad affrontare simili emergenze rispetto ad oggi.

Paralisi dei Trasporti: Treni, strade statali e provinciali, come quelle tra L’Aquila e Sulmona, furono interrotte. La situazione fu critica nei paesi appenninici, molti dei quali rimasero isolati per settimane.

Danni Strutturali e Agricoli: Il peso della neve provocò crolli di tetti in centri come L’Aquila e Avezzano. L’agricoltura subì danni incalcolabili: l’Arno ghiaccio completamente da Arezzo a Pisa, e il Tanaro ghiacciò in lunghi tratti in Piemonte. Gli agricoltori lottarono per portare foraggio agli animali bloccati nelle stalle.

Difficoltà Sanitarie: La mancanza di reperibilità di medicinali divenne un problema invalidante. Le cronache raccontano episodi eroici, come quello del medico che, armato di pala, dovette farsi strada tra la neve altissima per raggiungere una donna in procinto di partorire in un borgo isolato.

L’eccezionalità del 1956 fu tale da entrare nella cultura popolare, ispirando canzoni come la celebre “La nevicata del ‘56”. Quell’evento ci ricorda quanto la natura possa essere potente e quanto la sua forza, quando si scatena, possa piegare anche la vita di un’intera nazione.

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